Georges Noverre e il Balletto d’Azione

Autori coreografi e ideatori del balletto d’azione drammatica del ‘700 si contano sul palmo di una mano, anche se questi diventarono molto famosi per ciò che proponevano all’interno delle loro opere come arte innovativa, ed il loro stile di ballo d’azione venne osannato dall’Europa sino alla lontana Russia, non riuscirono inizialmente a creare una partenza massiccia di autori che proponessero all’unisono questo nuovo tipo di approccio teatrale.
Vuoi per invidia o per mancanza di capacità lavorative o infine per scelta, molti degli autori optarono per rimanere sugli stili di rappresentazione classici del passato, piuttosto che addentrarsi tutti assieme nell’incertezza di un nuovo metodo sperimentale che durò così per quasi tutto il secolo.
Un metodo nuovo, che prevedesse la traspirazione del drammatico e dell’emotività attraverso il movimento danzato.
I grandi sperimentatori e autori famosi maggiormente acclamati furono in ordine di successione: Hesse, Hilverding e l’italiano Angiolini.
Tutti questi contribuirono fortemente alla grande evoluzione del ballet d’action, ma nessuno di questi menzionati raggiunse la grande fama di Georges Noverre.
Georges Noverre fu colui che pubblicò nel 1760 le diffuse e pluripremiate “lettere sulla Danza”, documenti che ebbero una grande propagazione sia a livello intellettuale che artistico, esercitando pressioni ed influenze nei confronti di coreografi di tutta l’Europa, preparando le grandi platee dei più famosi teatri a prepararsi ad accogliere in maniera positiva il progetto di dramma danzato.
Questi manoscritti erano in realtà un profondo appello dedicato all’evoluzione e alla riforma della danza, Noverre infatti, proiettato in tutto e per tutto verso il futuro, voleva che tutti i suoi colleghi coreografi smettessero di utilizzare le ormai antiche e obsolete forme artistiche rappresentative della danza del passato, per accogliere un nuovo stile di balletto.
Georges Noverre era ossessionato dal fatto che per una buona riuscita di uno spettacolo sensato, il soggetto dovesse, per essere appreso, costruito su di un tipo di preparazione logica del personaggio o, della vicenda da narrare in primo piano.
Come doveva essere il balletto d’azione secondo Noverre?
Infine, che l’azione del balletto dovesse essere a sua volta coerente con il soggetto protagonista e intellettualmente leggibile.
Sempre secondo l’autore, ogni scena, sia dal punto di vista della sceneggiatura che scenografico, doveva mantenere un tono inerente e costante al contesto narrativo, mentre la composizione totale doveva risultare colma di contrasti e varietà di dettagli.
Georges Noverre ripudia senza ombra di dubbio alcuna, il simbolismo che fino al secolo prima e per buona durata di quello successivo, aveva dominato nel balletto di corte, prediligendo invece una più consona fedeltà ai contesti naturali, da lui definiti sublimi.
- Non che Noverre non utilizzasse mai figure mitologiche o esoteriche, ma anche in tali casi, queste figure dovevano comunque essere mosse e animate da stati d’animo terreni ma soprattutto umani.
L’artista rivoluzionò a tal punto il balletto che alcune delle sue innovazioni ed idee del periodo settecentesco, sembrano tuttora attuali, egli ebbe l’astuzia, l’audacia e le capacità di esporle in una fase storica nella quale si sentiva una profonda necessità nonché volontà, di cambiamento.
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Noverre e gli ideatori nel periodo del balletto d’azione
Georges Noverre fu uno dei più grandi esponenti (forse il più importante) del balletto d’azione del 1700, un ramo del balletto classico che si evolse verso una nuova concezione di interpretazione e di rappresentazione dell’Opera Classica in tutta Europa fino in Russia.
Il balletto d’azione drammatico prevedeva infatti un tipo di organizzazione delle scene logico, contiguo, allineato da monte coi personaggi, tramite un’impostazione costante della narrazione, così come i personaggi, non più legati alle simbologie del ballo di corte, ma sempre a ruoli logici e veritieri, in allineamento o contrasto con la società ed i suoi problemi o ancora meglio alla natura stessa.
Durante tutto il periodo che precede il ballet d’action, ovvero, durante tutto il diciassettesimo secolo, era pratica comune suddividere i vari ruoli di scenografo, costumista, coreografo e direttore scenico, in modo che ognuna di queste figure lavorasse per conto proprio, senza mai riunirsi se non solo alla fine, nell’ultima fase produttiva.
Mentre durante il diciottesimo secolo, tutti gli artisti, coreografi e autori del balletto d’azione, Noverre in particolare, desideravano una più correlata e stretta collaborazione tra queste parti; secondo le nuove concezioni gli ideatori dovevano dunque comunicare tra loro.
Fervido credente della comunicazione emotiva nei confronti di un pubblico europeo sempre più esigente, il coreografo Noverre auspicava inoltre l’utilizzo smodato dell’espressione facciale, aborrendo l’utilizzo di maschere di scena che potessero coprire il volto dei danzatori.
Così come per i costumi di un tempo, tra gonnellini cerchiati per uomini e ingombranti costumi costrittivi e scomodi per le danzatrici del tempo (tra crinoline e tonnelets), Noverre volle implementare l’utilizzo di vesti molto più leggere e comode da indossare soprattutto per i movimenti di danza, facendo trasparire così la naturalezza e plasticità dei corpi dei ballerini.
Il suo linguaggio rappresentativo prendeva spunto dalle altre arti, secondo il suo ragionamento di costruzione di una scena, la figura del coreografo, oltre a raggiungere una vasta cultura generale e a conoscere profondamente il comportamento delle persone di ogni diverso rango sociale, doveva inoltre studiare non solo danza, ma anche arti come la pittura o la recitazione.
- Questo così da riuscire attraverso un metodo paragonabile a quello del pittore, che dipinge la tela, a fare trasparire emozioni da una scena ben realizzata, infondendo in essa vita, emozioni ed espressività, in modo da poter offrire verosimiglianza a tutti i gesti teatrali.
Il grande desiderio di Georges Noverre
Dall’inizio della sua grandiosa carriera, Noverre ha sempre avuto l’obiettivo di raggiungere un posto di lavoro presso l’Opéra di Parigi, il ché per molto tempo gli venne negato per una banale questione di scatti di anzianità., ripiegando così su molti altri Teatri di importanza secondaria di città e provinciali.
Dal 1750 al 1770 Noverre raggiunse vari livelli di successo, soprattutto a Vienna e Stoccarda, grazie al suo inserimento e protezione da parte di persone di spicco e importanti nobili, che riconoscevano nell’artista il genio, qui egli ebbe grandi soddisfazioni, come la messa in scena di una delle sue opere più importanti “Medea e Giasone” (del 1763 e ripresa più volte negli anni successivi).
Una storia che imprime ancor più l’idea drammatica e forte di Noverre per il ballo, costellata di vicissitudini drammatiche quali omicidio, umiliazione, suicidio e vendetta.
Dopo il 1770 è la volta di Vienna, anche qui Noverre da prova della sua magnificenza con opere come “Les Horaces” del 1774.
Ma fu solo dopo essere diventato conoscente nonché maestro di danza della stessa Regina Maria Antonietta di Francia, ottenendo il privilegio della sua stessa protezione ed appoggio incondizionato, che si aggiudicò un posto d’onore come maestro di ballo principale all’Opera di Parigi.
Noverre e la sua permanenza all’Opera di Parigi
Georges Noverre fu uno dei principali ideatori del ballet d’action, uno dei suoi più grandi obiettivi è sempre stato quello di lavorare presso il più grande teatro di Francia e di tutta l’Europa, l’Opéra di Parigi.
Questo avvenne attorno al 1775, quando egli, rientrato tra le grazie dell’allora regina Maria Antonietta, di cui era maestro di balletto, incorona il suo grande sogno di divenire primo maestro di danza dell’Opéra parigina.
Questo percorso di Noverre fu comunque un travaglio abbastanza lungo e per nulla privo di ostacoli, sia per giungere al suo obiettivo, che nel sistemare presso il Teatro le sue nuove ideologie controcorrente, egli fu messo a realmente a dura prova.
Se da una parta Noverre poteva contare sulla protezione diretta di Maria Antonietta, dall’altra vi erano i seguaci e i membri dell’allora noto e potente Clan Gardell, una compagnia con a capo colui che proprio venne scavalcato da Noverre in ambito lavorativo, tale Maximilien Gardel, che fino a poco prima ricopriva un ruolo importantissimo come figura molto influente, anche nei confronti di numerosi allievi e ballerini della scuola dell’Opera di Parigi.
Oltre a tutto ciò, a remare contro l’operato di Noverre, vi erano le idee dei conservatori che componevano la direzione del teatro.
Allora Noverre era visto anche da moltissimi direttori, danzatori e funzionari come troppo rivoluzionario, per questo molte delle sue idee non vennero accolte in quegli anni dalla stessa direzione artistica teatrale.
In ogni caso egli fu in grado, grazie alla sua maestria a predisporre l’adattamento e l’esposizione di diverse sue opere già famose, tra le quali i già menzionati e famigerati “Les Horaces” e “Medea e Giasone”.
Gli spettatori però li accolsero in maniera non del tutto soddisfatta, commentando nel complesso un’esagerata difficoltà nel capirne i contenuti ed una lunghezza smodata delle scene, che contenevano a detta sempre del pubblico troppa poca danza, preferendo opere più leggere e con meno profondità di significato.
La fine della grande carriera di Georges Noverre
Anche se la sua carriera non terminò, molte altre varie vicissitudini portarono infine Noverre a dimettersi dall’Opera di Parigi nel 1781.
Per altri 16 anni di piena attività, tornò a lavorare in Inghilterra, dove venne nuovamente ospitato dal suo vecchio pubblico in maniera del tutto prepositiva.
Noverre fu uno dei più profondi innovatori del balletto, riuscì a distinguersi in quanto a profondità dei personaggi e delle rappresentazioni legate alla natura e adatte a tutte le classi sociali, non voleva stupire nobili, reali e borghesi, ma solo farsi amare dal proprio pubblico.
Ad esso, presso il Teatro dell’Opera succedettero in ordine, un suo ex allievo di nome Jean Dauberval e Maximilien Gardel.
- Noverre si ritirò definitivamente dalle scene nel 1797.
Tutt’oggi le sue “lettere sulla danza” rappresentano documenti sfruttati, ricordati, menzionati ed in molti casi ancora utilizzati come strumenti didattici, nell’insegnamento della danza classica in tutto il Mondo.